25 dicembre 2009

Natale ai tropici




Devo ammettere che è davvero strano, spiazzante, festeggiare il Natale in piena estate. Manca quell’atmosfera tipica, quel “non so che” difficile da definire, che rende straordinario questo periodo dell’anno. Eppure non manca niente: le case sono decorate, gli alberi addobbati, i Babbi Natale scalano i tetti nella vana ricerca di un camino, la neve finta colora le vetrine dei negozi e i mercatini abbondano, tutto è come da noi. Ma è come se ci fosse un errore di ambientazione, la storia e gli attori sono impeccabili, ma il set è completamente sbagliato.
Le tradizioni natalizie sono state importate in Polinesia direttamente dall’Europa, in particolare dalla Francia. La Polinesia Francese è un Paese d’Oltremare (POM) della Francia, ha uno statuto autonomo, ma pur sempre di Francia si tratta. Poco resta delle tradizioni e dei costumi maohi, come tante colonie è stata cristianizzata dai missionari qualche secolo fa. La maggior parte della popolazione è protestante, un quarto è cattolica, e il resto si suddivide in Mormoni, Avventisti, Buddisti, Ebrei e Testimoni di Geova, della religione pagana ancestrale restano soltanto i Marae, antichi luoghi di culto e sacrificio. La storia e la colonizzazione polinesiana sono un costante mescolarsi di razze ed etnie. I polinesiani purosangue sono ormai pochi, il loro patrimonio genetico deriva da maohi (polinesiano, in tahitiano), cinesi, europei, americani e chi più ne ha più ne metta. Ne scaturisce quindi una cultura assai particolare, in cui tradizioni polinesiane si fondono con credenze cinesi e usanze europee. Il cibo ne è l’esempio più lampante, in uno stesso pasto si possono gustare Europa, Asia ed Oceania.
Ma torniamo al Natale, in particolare ai pasti di Natale. Come da noi, si festeggia in famiglia. Le famiglie polinesiane sono molto grandi e numerose, e le feste offrono una piacevole scusa per ritrovarsi. La cena tipica della Vigilia non è molto diversa da quella che troveremmo in una casa francese: in menù ostriche, fois gras (paté di fegato d’oca), faraona e, come dessert, il tronchetto di Natale. Da bere un buon vino e tanto Champagne, ovviamente. Dopo la messa il momento più atteso da tutti, l’apertura dei regali!
Il pranzo di Natale invece offre un menù tipicamente tahitiano, il Ma’a Tahiti. Il ma’a Tahiti è un forno tradizionale interrato, in cui si stufano per circa dodici ore pua (maiale), taro (un tubero simile alla patata), fei (banane da cuocere), patate dolci e uru (frutto dell’albero del pane) avvolti in foglie di banano. È un pasto tipico delle feste, molto comune la domenica, lo si trova già pronto in barchette anche al supermercato. Purtroppo è una tradizione che si sta perdendo, la preparazione è molto lunga e in profondo disaccordo con lo sport nazionale, la birra. Ma questo è un altro discorso a cui dedicare, forse, un altro articolo.
I feti’i (famiglie) polinesiane sono tante, più o meno importanti e più o meno numerose. Tutti sembrano essere cugini, zii, nipoti, ma esistono persone che, come me, non hanno nessun legame col fenua (terra, paese). Il territorio è stracolmo di “immigrati”, in genere francesi metropolitani che, per motivi professionali o sentimentali, si ritrovano a passare qualche anno in queste isole sperdute nel Pacifico. Le feste natalizie possono trasformarsi quindi in un momento di estrema solitudine. La famiglia e le amicizie sono lontane, lontane due oceani, e non tutti hanno la possibilità o la fortuna di raggiungerle o di farsi raggiungere. Tanti passano di conseguenza le feste da soli o, se possono, con amici. Si dice “Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi”, ma ormai per me e molti amici è diventato “Natale e Pasqua con chi puoi”.
Il Natale non è un momento difficile unicamente per chi è solo, ma anche e soprattutto per la gente povera, abbondante a Tahiti. Ogni anno viene organizzato dai comuni il “Noël pour tous”, il Natale per tutti, una festa in cui vengono distribuiti ai bambini poco fortunati dei regali donati da chi ha più possibilità. Si tratta in genere di giocattoli e vestiti usati, ma che possono rendere felici bimbi che non hanno niente.
I polinesiani non si lasciano comunque abbattere, i loro sorrisi e la loro spensieratezza sono davvero contagiosi.
'Ia 'oa'oa i te Noere e matahiti api! (Buon Natale e felice anno nuovo!)

20 dicembre 2009

Sfilata Natalizia



Papeete decorata ed illuminata per il Natale.
Sabato 19 dicembre 2009 polinesiani, popaa e turisti si sono ritrovati sul Front de Mer di Papeete per la sfilata di Natale.
Per la grande gioia dei bambini sono apparsi gli elfi e tutti gli aiutanti di Babbo Natale (pure i raerae erano in versione elfo), il quale è giunto fra la popolazione su un Toyota Hilux trainato da renne scintillanti e condotto da quattro donnoni addobate da corone e collane di fiori.
Non oso immaginare il caldo sotto quel costume di velluto...
La pazzia e l'isteria causata dall'evento non mi hanno permesso di fare ulteriori foto. Ero troppo occupata ad inseguire i miei figli!

15 dicembre 2009

Il mercato di Papeete



La prima volta che visitai la Polinesia Francese mi rifiutai categoricamente di fare spese al mercato coperto di Papeete. Ero convinta che fosse la solita trovata per turisti, piena di cianfrusaglie inutili importate dalla Cina.
Ma mi sono dovuta ricredere. Il mercato è il centro della vita della capitale, dove si può trovare di tutto, spesso a prezzi migliori che al supermercato.
La scelta di prodotti è vasta e varia, dai souvenir per turisti alla frutta e alla verdura.



 È un carnevale di colori. Le mamas cuciono ed intrecciano collane e corone di fiori, collanine di conchiglie, borse in foglie di palma, monoi fatto in casa e prodotti cosmetici a base di essenze locali.

I banchi straripano di artigianato locale, di vaniglia e costumi tradizionali per le danze fatti rigorosamente a mano.



I contadini propongono i frutti del loro lavoro nel "reparto" alimentari del mercato. Si possono trovare frutta e verdura locali, come l'ananas, le banane, le papaye, i manghi, le fei (banane rosse da cuocere), il taro, l'uru (il frutto dell'albero del pane), l'umara (la patata dolce), e prodotti comuni sulle nostre bancarelle italiane, come pomodori, insalata, carote, patate, mele, arance, e limoni.



Una vasta area è dedicata al pesce. Oltre al tonno rosso e bianco, re indiscusso del poisson cru, piatto tipico tahitiano, i pescatori offrono una bella scelta di pesce fresco. Ce n'è per tutti i gusti, dal maimai ai pesci della laguna.
Ovviamente non mancano i chioschi per mangiare. Anche in questo caso si può assaggiare di tutto, secondo la voglia. Tahiti ha saputo rimescolare gli ingredienti delle cucine straniere e metterle al gusto polinesiano. Si può quindi gustare il solito poisson cru, o un riso cantonese, o un sandwich alla francese, o pollo fritto o cho-men o dolci e, per terminare in dolcezza, torte e pasticcini alle creme di mango, papaya o vaniglia.



Il piano superiore che brulica sempre di vita, è dedicato ai tessuti, alle perle e alla madreperla, ed è forse il lato più turistico del mercato.
I parei tradizionali tahitiani sfoggiano motivi floreali e colori vivaci da poter abbinare a qualsiasi costume. Il costo è assai elevato in paragone ai parei che troviamo ai Caraibi o sulle bancarelle dei nostri mercati. Non sono prodotti in serie, ma dipinti a mano uno per uno. Alcuni sono delle vere opere d'arte, e ce ne sono per le donne, per gli uomini e anche per i bambini.
Si possono trovare inoltre le famosissime camice a fiori e gli abiti (sempre a fiori) tradizionali per le vahine.
La perla nera di Tahiti è presente in tutte le sue forme e sfumature. Diventa un pretesto per collane, orecchini, braccialetti e cinture, accompagnata spesso dalla madreperla scolpita in svariate forme.

Insomma, questo mercato vale veramente la pena di essere curiosato. È una delle vetrine più rappresentative della Polinesia Francese ed in particolare di Tahiti. È l'incontro tra la tradizione e la modernità.